Le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), note come “sostanze chimiche eterne”, rappresentano una delle maggiori problematiche ambientali e sanitarie del nostro tempo. Introdotte negli anni Quaranta, le PFAS sono una classe di sostanze chimiche sintetiche caratterizzate da una persistenza eccezionale, per cui non si degradano facilmente, accumulandosi nei nostri corpi e nell’ambiente. Questa longevità le rende attraenti per l’industria, che le utilizza in numerosi prodotti di consumo e processi industriali, come pentole antiaderenti, abbigliamento impermeabile, frigoriferi, condizionatori e perfino inalatori per l’asma.

Tuttavia, è proprio questa persistenza a renderle estremamente problematiche. Una volta rilasciate nell’ambiente o entrate nel nostro organismo, è quasi impossibile eliminarle. Attualmente, si stima che esistano oltre diecimila tipi di PFAS, ognuno con il potenziale di causare inquinamento a lungo termine, tanto che si parla di “inquinamento eterno”.

A questo tema, complesso e purtroppo poco presente nel dibattito generalista, GoodFood Consulting ha dedicato un articolo dettagliato nel 2022 e un altro nel 2024: a questi rimandiamo i nostri lettori per un’analisi tecnica approfondita inquadrata nella prospettiva temporale di alcuni anni.

Alcuni esempi di PFAS

Le PFAS sono associate a gravi problemi di salute: cancro, danni al fegato, disfunzioni ormonali. Le PFAS sono presenti nel sangue della maggior parte delle persone, con rischi maggiori per le comunità che vivono vicino a siti industriali, impianti militari o aeroporti. L’impatto delle PFAS non è solo fisico ma anche psicologico, poiché le comunità colpite sperimentano un peso emotivo significativo, sapendo che l’aria, l’acqua e persino gli alimenti locali sono contaminati.

Un recente studio ha evidenziato che il 45% delle acque potabili negli Stati Uniti è contaminato da PFAS, mentre in Francia una ricerca pubblicata dall’associazione di consumatori Que Choisir ha rilevato la presenza diffusa di PFAS in campioni di acqua prelevati in trenta città, sebbene i livelli rientrino nei parametri stabiliti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Anche un rapporto della Pesticide Action Network Europe (PAN Europe) segnala la presenza generalizzata di PFAS in 55 campioni di acqua potabile di 11 Paesi, con una contaminazione media di 740 ng/l nell’acqua di rubinetto e 278 ng/l nell’acqua minerale.

In Italia, una rilevazione nazionale condotta da Greenpeace ha trovato PFAS nel 79 % dei campioni di acqua potabile prelevati in 235 città. I nuovi parametri, che entreranno in vigore dal gennaio 2026, prevedono una presenza massima nell’acqua di rubinetto di 100 ng/l.

La ricerca scientifica ha fatto passi avanti nella comprensione dei meccanismi di degradazione delle PFAS. Ad esempio, uno studio ha evidenziato la possibilità di ricorrere alla defluorinazione riduttiva degli acidi per- e polifluorocarbossilici insaturi da parte dell’Acetobacterium spp., indicando che specifici enzimi siano coinvolti in questo processo. Un altro studio ha valutato la probabilità di biodegradare tre PFAS (PFOS, 6:2 FTS e 5:3 FTCA) ricorrendo al batterio Labrys portucalensis F11 in ambienti contaminati.

L’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti (EPA) fornisce una panoramica completa dei rischi per la salute umana e ambientale delle PFAS, inclusa la loro presenza diffusa in acqua, suolo, aria, così come in vari prodotti di consumo negli Stati Uniti. Un altro studio pubblicato sull’Environmental Health Journal ha indagato l’associazione tra l’esposizione alle PFAS e i biomarcatori enzimatici del fegato in Canada, esplorando anche un metodo innovativo per ridurre i livelli di PFAS nel siero attraverso interventi dietetici. Infine, un articolo su Springer Nature discute i rischi per la salute pubblica dell’immunotossicità correlata alle PFAS, evidenziando i numerosi effetti avversi sulla salute associati all’esposizione a tali sostanze.

Da parte sua, l’industria chimica ha adottato tattiche aggressive per influenzare le politiche europee e la regolamentazione sulle PFAS a livello comunitario. Oltre a esercitare pressioni sui decisori politici, i produttori di PFAS hanno finanziato studi scientifici favorevoli alle loro posizioni, a supporto delle quali lavorano studi legali e società di consulenza pagati profumatamente.

Inoltre, le aziende produttrici stanno mobilitando le loro catene di fornitura, creando eco-chambers per amplificare i loro messaggi e proporre soluzioni volontarie meno rigorose rispetto ai divieti proposti, cercando di ritardare o indebolire la regolamentazione. Tra le aziende più influenti spicca Chemours, un’azienda derivata da DuPont, nota per la produzione del Teflon. Chemours è stata particolarmente attiva nel lobbying, aumentando significativamente il proprio budget per le attività di pressione a Bruxelles.

Il caso delle PFAS ricorda quello del tabacco, la cui industria ha adottato tattiche simili, come la manipolazione scientifica e il lobbying intenso, per ostacolare le restrizioni a suo tempo imposte al consumo di tabacco. L’OMS e l’UE dovrebbero adottare misure simili per schermare le decisioni pubbliche dall’influenza delle lobby della chimica.

Per comprendere meglio la diffusione delle PFAS in Europa, il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato una mappa interattiva che mostra i livelli di contaminazione da PFAS rilevati in vari paesi europei. Frutto del progetto giornalistico transnazionale Forever Lobbying, coordinato da Le Monde e supportato da 46 giornalisti e 29 partner mediatici in 16 paesi, la mappa offre una visualizzazione dettagliata dei siti contaminati e dei livelli di PFAS presenti nell’ambiente — uno strumento prezioso per i cittadini e i ricercatori, poiché permette di esplorare i dati sulla contaminazione e di comprendere l’entità del problema a livello europeo.

In conclusione, le PFAS rappresentano una minaccia globale che richiede azioni decise a tutti i livelli. La responsabilità di agire non può ricadere esclusivamente sui consumatori, benché le iniziative di cittadinanza attiva siano un primo passo per indurre i decisori a legiferare seriamente in materia. È altrettanto essenziale combinare pressioni politiche, consapevolezza pubblica e regolamentazioni rigorose per affrontare efficacemente questa crisi. Solo unendo gli sforzi possiamo sperare di “spegnere il rubinetto” delle sostanze chimiche eterne e proteggere il nostro pianeta per le generazioni future.

——————

Redazione GoodFood Consulting