Il 20 marzo ricorre il 2025 World Rewilding Day.
Il rewilding, o rinaturalizzazione, è un approccio innovativo alla conservazione della natura che mira a ripristinare ecosistemi degradati e a favorire il ritorno di specie autoctone. Questo processo non si limita a proteggere la biodiversità, ma promuove anche benefici per le comunità locali, creando nuove opportunità economiche e migliorando la resilienza climatica.
In Scozia, il progetto Pathway to a Rewilding Nation punta a trasformare il paese nella prima nazione al mondo in tema di rinaturalizzazione. L’obiettivo è risanare il 30% delle terre e delle acque entro il 2030 attraverso politiche innovative e il coinvolgimento delle comunità locali. Questo approccio non solo affronterà la crisi della biodiversità, ma stimolerà anche il turismo e l’economia locale.
In Italia, l’Appennino centrale è un esempio emblematico di rewilding. Questa regione, caratterizzata da una straordinaria biodiversità, ospita specie iconiche come l’orso bruno marsicano e il lupo appenninico. Progetti come Rewilding Apennines lavorano per ripristinare habitat naturali, coinvolgendo le comunità locali in iniziative di conservazione e promuovendo il turismo sostenibile.
Tra i progetti di rewilding di maggior successo a livello globale spicca la reintroduzione del lupo nel Parco Nazionale di Yellowstone, negli Stati Uniti. Negli anni ’90, i lupi furono reintrodotti dopo un’assenza di quasi 70 anni. Questo intervento ha avuto un effetto a cascata sull’ecosistema: la popolazione di cervi è stata regolata, permettendo alla vegetazione di rigenerarsi e favorendo il ritorno di altre specie, come i castori, che hanno migliorato la qualità dell’acqua attraverso la costruzione di dighe.
Un altro esempio significativo è il progetto Oostvaardersplassen nei Paesi Bassi, dove grandi erbivori come cervi rossi e cavalli Konik sono stati introdotti per imitare gli effetti della megafauna estinta. Questo ha portato a un ripristino naturale delle praterie e a un aumento della biodiversità.
I benefici ecologici del rewilding sono molteplici e trasformativi:
– Restauro dell’equilibrio ecologico: la reintroduzione di specie chiave, come grandi predatori ed erbivori, aiuta a regolare le popolazioni di prede e a favorire la rigenerazione degli habitat.
– Aumento della biodiversità: il ripristino degli ecosistemi offre rifugio a una vasta gamma di specie, rafforzando la stabilità e la resilienza ecologica.
– Mitigazione dei cambiamenti climatici: ecosistemi sani assorbono più anidride carbonica, riducendo le emissioni di gas serra e contribuendo a stabilizzare il clima.
– Regolazione idrica: i sistemi idrici migliorano, riducendo il rischio di inondazioni e garantendo acqua più pulita, come avviene grazie ai castori che creano dighe naturali.
– Protezione del suolo: il rewilding previene l’erosione, rigenera il suolo e migliora i cicli nutrienti fondamentali per la fertilità.
– Resilienza agli eventi estremi: ecosistemi sani agiscono come barriere naturali contro incendi, inondazioni e siccità.
Infine, il rewilding sostiene anche gli impollinatori, essenziali per le piante coltivate e selvatiche, e crea corridoi faunistici che favoriscono la migrazione e la diversità genetica delle specie.
In conclusione, il rewilding rappresenta una risposta concreta e visionaria alle sfide ambientali e sociali del nostro tempo. Progetti come quelli in Scozia, Italia, Stati Uniti e Paesi Bassi dimostrano che ripristinare la natura significa non solo preservarla, ma renderla un’alleata nel costruire un futuro più sostenibile per l’uomo e il pianeta.