Dall’11 al 22 novembre 2024, Baku, capitale dell’Azerbaigian, ha ospitato la XIX Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP29). L’evento ha riunito leader mondiali, esperti e attivisti per discutere misure indispensabili a fronte dell’attuale emergenza climatica, giunta a un punto critico: nel 2024, per la prima volta, la temperatura media globale ha superato stabilmente l’incremento di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Questo dato allarmante, simbolo di una crisi in rapido aggravamento, è stato al centro di un dibattito che ha generato accordi contrastanti e critiche diffuse.
I rischi del cambiamento climatico: un futuro incerto
Il superamento della soglia di 1,5 °C segna l’inizio di una fase critica per il nostro pianeta, con conseguenze drammatiche su diversi aspetti della vita umana e dell’ambiente. Tra i rischi più gravi:
- Aumento delle ondate di calore: fenomeni estremi che aggravano le crisi sanitarie, causano perdite agricole e mettono a rischio vite umane. In Italia, l’estate 2024 ha registrato un numero record di giornate sopra i 40 °C, colpendo duramente città come Roma e Firenze.
- Scioglimento dei ghiacci e innalzamento del livello del mare: le zone costiere e le isole minori sono sempre più minacciate. In Europa, città come Venezia e Amburgo rischiano di subire danni irreparabili entro pochi decenni.
- Eventi meteorologici estremi: alluvioni, uragani e siccità stanno devastando intere regioni. L’Emilia-Romagna ha subito una serie di alluvioni senza precedenti, con danni stimati oltre 10 mld EUR.
- Perdita di biodiversità: molte specie non riescono ad adattarsi al rapido cambiamento climatico. In Italia, per esempio, la produzione di vini pregiati come Barolo e Brunello è minacciata dalle alterazioni climatiche.
Finanziamenti: promesse ambiziose, ma ancora insufficienti
Il documento conclusivo della COP29 ha fissato un nuovo obiettivo collettivo quantificato — new collective quantified goal — impegnandosi a destinare 300 mld USD all’anno (≈ 275 mld EUR) fino al 2035, provenienti da una combinazione di fonti pubbliche e private, bilaterali e multilaterali. Inoltre, i paesi partecipanti sono stati invitati ad aumentare gli stanziamenti fino a 1 300 mld USD all’anno (≈ 1 193 mld EUR) entro il 2035, ma le modalità per raggiungere questa cifra saranno definite durante la prossima COP a Belém, in Brasile.
Le critiche non sono mancate. il giornalista Lorenzo Tecleme (Valori.it) ha evidenziato come l’accordo non sia sufficiente, usando una metafora significativa: invece di un avocado, munito di un nocciolo duro di fondi pubblici e a fondo perduto, si è ottenuta una fragile cipolla, composta da strati sottili di finanziamenti provenienti da fonti diverse e non sempre affidabili.
Le posizioni dei paesi: divisioni e aspettative
- America Latina: pur riconoscendo i progressi, molti paesi hanno espresso delusione. Secondo il Brasile, l’accordo non riflette adeguatamente le responsabilità storiche dei paesi sviluppati nell’emissione di gas serra.
- Africa e Asia: i rappresentanti di queste regioni hanno criticato l’insufficienza dei fondi stanziati, ricordando che l’impegno di 100 mld USD annui, concordato oltre un decennio fa, non è mai stato rispettato e ha perso valore a causa dell’inflazione.
- Unione Europea: il Commissario europeo per l’Azione per il clima, Wopke Hoekstra, ha garantito che gran parte dei fondi sarà costituita da contributi pubblici a fondo perduto, sottolineando la necessità di evitare debiti insostenibili per i paesi meno sviluppati.
Agricoltura: vittima e carnefice del cambiamento climatico
L’agricoltura è responsabile di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra, ma è anche tra i settori più vulnerabili al cambiamento climatico. Le principali cause dell’impatto agricolo sul clima sono:
- Emissioni di metano, derivanti dall’allevamento intensivo, una delle maggiori fonti di gas serra.
- Uso di fertilizzanti chimici, che rilasciano protossido di azoto (N₂O), un gas 300 volte più potente della CO₂.
- Deforestazione e consumo di risorse idriche: il settore è responsabile del 70 % del consumo globale di acqua dolce, spesso utilizzata in modo inefficiente.
Il cambiamento climatico, a sua volta, colpisce duramente l’agricoltura attraverso:
- Siccità e stress idrico: in Italia, il calo produttivo di olivi e vigneti è già evidente.
- Eventi estremi: le sempre più frequenti alluvioni, come quelle in Emilia-Romagna, hanno distrutto infrastrutture agricole e raccolti.
- Erosione del suolo e nuove malattie: fenomeni che riducono la produttività e minacciano la sicurezza alimentare globale.
Durante la COP29 è stata presentata l’iniziativa Harmoniya, che promuove tecniche come l’agricoltura rigenerativa, l’uso di dati satellitari per ottimizzare le risorse e la rotazione delle colture. Da parte sua, la Danimarca ha illustrato il proprio modello, basato su una gestione sostenibile dell’agricoltura, che potrebbe essere replicato altrove.
Un’occasione persa?
La COP29 non ha portato a deliberazioni decisive: il divario tra gli impegni presi e le azioni necessarie rimane troppo ampio, tanto che la percezione generale, a livello non ufficiale, è che sia stata persa l’ennesima opportunità per affrontare seriamente le sfide poste dal cambio climatico. Con il limite di 1,5 °C già superato e nessuna soluzione concreta all’orizzonte, non resta che sperare nella COP30 di Belém per rafforzare finalmente gli accordi internazionali e porre in essere interventi concreti.