Controlli e regole più stringenti per una migliore tutela della salute del consumatore si coniugano a iniziative di lungo periodo per la tutela del patrimonio idrico.
Con il decreto legislativo n. 18 del 23 febbraio 2023 (GU Serie Generale n. 55 del 6 marzo 2023), l’Italia attua la direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio (GUUE L 435/1 del 23 dicembre 2020), concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, cioè quelle comunemente dette «acque potabili».
Scopo del D.Lgs. è proteggere la «salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, assicurando che le acque siano salubri e pulite», nonché a migliorare «l’accesso alle acque destinate al consumo umano» (§ 1.2).
Il testo stabilisce i parametri d’igiene per i materiali che entrano in contatto con le acque potabili nonché per i reagenti chimici e i materiali filtranti attivi o passivi da impiegare nel loro trattamento.
Si promuove l’adozione di metodi più efficaci per valutare e gestire il rischio legato a possibili contaminazioni delle fonti idriche, in modo da migliorare i livelli di prevenzione sanitaria, protezione dell’ambiente e controllo delle acque destinate al consumo umano, il tutto tenendo debito conto dell’impegno economico che ciò comporta per il pubblico erario.
Il testo, altresì, prevede norme intese per assicurare adeguata comunicazione tra le autorità competenti e i fornitori d’acqua, così come a informare in modo adeguato la popolazione sugli aspetti di sicurezza coinvolti nella distribuzione e nell’impiego d’acqua destinata al consumo umano.
Pur con obblighi e responsabilità differenti a seconda dei rispettivi ambiti operativi, le nuove norme si applicano tanto alle aziende fornitrici d’acqua potabile — corrente o in cisterna — quanto a quelle che imbottigliano e distribuiscono acque minerali, così come a tutte le attività che prevedano la somministrazione di acqua, sia sotto forma di bevanda sia come parte di alimenti cucinati.
In quest’ultimo caso, la parte finale del § 3.2 sancisce che «qualora [le acque] siano destinate ad essere ingerite o si preveda ragionevolmente che possano essere ingerite da esseri umani, devono da quel punto in poi essere considerate alimenti ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002».
Le nuove norme sulla potabilità, pertanto, responsabilizzano a un livello finora inedito anche le aziende alimentari e gli esercizi di somministrazione diretta — cioè bar, ristoranti, mense aziendali ecc. — che della «filiera idro-potabile» (definizione contenuta nel D.Lgs. stesso) sono sempre state considerate soggetti sostanzialmente passivi, ossia meri riceventi/utenti.
Pertanto, alla tradizionale figura del «gestore idro-potabile» (§ 2.1.n), cioè chi gestisca la fornitura idrica tramite condotta comunale o autocisterna, il D.Lgs. affianca il «gestore della distribuzione idrica interna» (§ 2.1.q), definito come «il proprietario, il titolare, l’amministratore, il Direttore o qualsiasi soggetto, anche se delegato o appaltato, che sia responsabile del sistema idro-potabile di distribuzione interno ai locali pubblici e privati, collocato fra il punto di consegna e il punto d’uso dell’acqua».
In altre parole, a partire dal punto di consegna — in genere, il contatore — ossia da quando l’acqua inizia a circolare nelle tubature a uso esclusivo dell’utente — nel nostro ragionamento, di nuovo: l’azienda alimentare, il ristorante, ecc. — sarà proprio l’utente, tramite il suo «gestore interno», a vigilare sulla salubrità e pulizia del flusso idrico fino al punto d’uso, ossia al rubinetto.
Nello specifico, il § 5.3 dispone che «[p]er le acque fornite attraverso il sistema di distribuzione interno, il relativo gestore assicura che i valori […] rispettati nel punto di consegna siano mantenuti nel punto di utenza all’interno dei locali pubblici e privati», pena una sanzione da 5 000 a 30 000 euro (§ 23.1.b).
D’immediato interesse sono, in questo senso, gli articoli 10 e 11 (più allegati in essi richiamati), dedicati rispettivamente ai requisiti minimi d’igiene per i materiali a contatto con le acque destinate al consumo umano; e ai requisiti minimi dei reagenti chimici e i materiali filtranti (Remaf) attivi e passivi da impiegare nel trattamento delle acque destinate al consumo umano.
Vale la pena notare che, a fianco delle disposizioni inerenti agli aspetti normativi, ispettivi e sanzionatori, il D.Lgs. affronta il tema delle risorse idriche da una prospettiva più ampia, che tiene conto, per esempio, del problema della dispersione idrica, endemico nella rete di approvvigionamento e distribuzione nazionale, così come delle difficoltà di accesso all’acqua potabile, tuttora registrati in alcune aree della Penisola.
Rientra in questa visione ad ampio raggio l’imminente istituzione di organismi preposti alla tutela del patrimonio idrico, a partire dal Centro nazionale per la sicurezza delle acque (Censia), articolato in quattro aree funzionali: rischio microbiologico e virologico; rischio chimico; coordinamento, gestione e accesso ai dati; valutazione e approvazione di piani di sicurezza delle acque (§ 19.1.a).
Entro un anno dall’entrata in vigore del D.Lgs. sarà istituita, altresì, un’Anagrafe territoriale dinamica delle acque potabili (Antea), con il compito di raccogliere e rendere disponibili dati sulle misure adottate per migliorare l’accesso all’acqua, sulle valutazioni e gestioni del rischio delle aree di alimentazione, così come sui risultati del monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee (§ 19.1.b).
Per il settore alimentare, Antea raccoglierà anche dati sulle valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni, incluse le misure adottate per migliorare il livello di sicurezza delle reti di distribuzione interna. Si citano, fra i campi che saranno monitorati, le misure tese a sostituire le componenti di piombo laddove ciò sia economicamente e tecnicamente fattibile.
Antea fungerà da database inerente alle richieste di autorizzazione e alle registrazioni dei Remaf, come pure ai risultati dei controlli, ai casi di superamento dei valori di parametro e ai provvedimenti correttivi adottati. Saranno disponibili anche tutte le informazioni relative agli incidenti attinenti all’acqua destinata al consumo umano che hanno generato un potenziale rischio sanitario.
Infine, l’articolo 20 dispone l’istituzione della Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’Acqua, formata da esponenti ministeriali e regionali, nonché funzionari di altre autorità già esistenti per la gestione e tutela delle risorse idriche.
Fra le varie attribuzioni, la Commissione svolgerà compiti d’indirizzo e sorveglianza in materia di valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di fornitura idro-potabile, secondo un redigendo piano triennale di azioni; e valuterà le Linee guida per l’approvazione dei Piani di sicurezza dell’acqua per le forniture idro-potabili, previste nel medesimo D.Lgs.
In conclusione, il D.Lgs. 23/02/2023 n. 18 si presenta, a un tempo, come un testo attuativo di norme europee e come spunto per un documento complessivo, programmatico, orientato alla salubrità delle risorse idriche ma anche alla loro conservazione sul lungo periodo. Si tratta di un tema di particolare rilevanza tanto per l’Italia, da almeno vent’anni alle prese con una vera e propria emergenza acqua, quanto per l’Europa e il mondo intero.
Per il settore alimentare vi sono aspetti innovativi che non mancheranno d’incidere sui piani di autocontrollo e sugli aspetti formativi del personale. Il testo del decreto è estremamente dettagliato e comporta una serie di rimandi incrociati che, in questa sede, sarebbe impossibile esaminare nel dettaglio.
Tanto quest’ultimo aspetto quanto quello della sostenibilità idrica sono di primario interesse per GoodFood Consulting. Chiunque sia interessato ad approfondire può contattarci, senza impegno, per un colloquio conoscitivo gratuito.
Redazione GoodFood Consulting
- Fonti
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32020L2184&from=IT