L’Europa prova a cambiare approccio contro lo #sprecoalimentare

La Commissione Europea sta studiando l’opportunità di aggiungere la dicitura «spesso buono oltre il…», da impiegare per tutti quei prodotti stabili che prevedono l’applicazione del Termine Minimo di Conservazione (TMC), indicato dalla ben nota — ma spesso fraintesa — espressione «da consumarsi preferibilmente entro il…».

Quel «preferibilmente» è infatti visto di cattivo occhio sia dai consumatori sia, purtroppo, dai professionisti del settore.

Riso, pasta, semi, alghe, frutta a guscio, prodotti stabilizzati e tanti altri hanno infatti una vita utile (shelf life) assai lunga. Gli Operatori del Settore Alimentare (OSA) sono obbligati, giustamente, a definire una durata; spesso, però, in caso di prodotti invenduti ci si ritrova i magazzini pieni di prodotti che hanno superato il TMC: che fare?

Già il Ministero della Salute durante il #Covid19 aveva emanato linee guida per allungare la vita utile degli alimenti ed evitare che finissero in discarica tonnellate di prodotti ancora buoni ma invenduti a causa della pandemia in corso e dei conseguenti minori consumi.

Con analisi sensoriali, microbiologiche e/o chimiche, a seconda dell’alimento, è possibile garantire la perfetta edibilità, pur tutelando la salute del consumatore, anche per quei prodotti che hanno passato il TMC, estendendo così il periodo di consumo.

Con questa bozza, l’#UE favorisce il consumo di questi prodotti che, troppo spesso, vengono rifiutati in quanto «vecchi». Resta da capire se l’evoluzione normativa riguarderà anche la commercializzazione senza estensione dei prodotti stessi.

È comprensibile che, a livello psicologico, il consumatore finale — per definizione, non un tecnico del ramo — preferisca prodotti «freschi», cioè nuovi. È invece inspiegabile e, francamente, intollerabile che taluni OSA — i quali, per definizione, devono essere tecnici del ramo — respingano prodotti estesi benché accompagnati da dichiarazioni del fornitore, che pertanto si assume la responsabilità, e da opportune analisi.

Se sul prodotto è stata condotta una corretta #analisidelrischio con relativi test, perché ostinarsi a rifiutarlo?

A parole, tutti sono contrari allo spreco alimentare. Nei fatti, si registrano condotte di tutt’altro segno, in genere caratterizzate da eccesso di cautela che, peraltro, non nasce da timori per la salute del consumatore quanto dal timore di ritrovarsi i magazzini colmi fino al soffitto di pallet invenduti.

La proposta dell’UE, pur migliorabile e con tutti i suoi limiti, segna nondimeno un passo in avanti nella promozione di una nuova coscienza alimentare e a una maggiore consapevolezza degli effetti a lungo termine che l’attuale modello di produzione e consumo avrà sugli equilibri ambientali e umani.

Si tratta di temi cui teniamo particolarmente e sappiamo che numerosi imprenditori e operatori alimentari condividono la nostra posizione. Invitiamo chiunque desiderasse approndire le tematiche della shelf life e della sostenibilità dei processi produttivi a contattarci per un colloquio conoscitivo.


Carmine F. Milone
Tecnologo alimentare
Fondatore, GoodFood Consulting