Con due provvedimenti approvati il 24 agosto 2022 e pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (L221) il successivo 26 agosto, la Commissione europea ha approvato le ultime indicazioni e prescrizioni in materia di controllo e monitoraggio delle sostanze per- e polifluoroalchiliche (Per- and Polyfluoroalkyl Substances – PFAS) presenti negli alimenti.
I testi di riferimento sono:
- il regolamento di esecuzione (UE) 2022/1428, firmato da Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione;
- la raccomandazione (UE) 2022/1431, firmata da Stella Kyriakides, membro della Commissione.
Il regolamento stabilisce metodi di campionamento e analisi per il controllo delle PFAS in un’ampia gamma di alimenti, tale da rispecchiare le reali abitudini di consumo: frutta, ortaggi, radici e tuberi amilacei, alghe marine, cereali, frutta a guscio, semi oleosi, alimenti destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia, alimenti di origine animale, bevande analcoliche, vino e birra.
La raccomandazione, rivolta ai singoli Stati membri dell’UE, invita a monitorare la presenza delle PFAS negli alimenti nel quadriennio 2022-2025, evidenziando buone pratiche volte alla riduzione delle PFAS, ma anche alcune criticità a livello di rilevazione e analisi dei casi di tossicità.
Come segnala l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (European Chemicals Agency – ECHA), rientrano nella definizione di «PFAS» migliaia di sostanze chimiche sintetiche, ampiamente utilizzate nell’industria e spesso rilasciate nell’ambiente con effetti indesiderati.
Le PFAS sono accomunate dai legami carbonio-fluoro, tra più tenaci nella chimica organica, perciò resistono alla naturale degradazione e tendono a diffondersi nell’ambiente anche su zone ampie e a notevole distanza dalla fonte del rilascio, senza perdere le caratteristiche chimiche iniziali.
Le PFAS sono frequentemente associate alla contaminazione di suolo, acque sotterranee e acque superficiali, la cui bonifica è tecnicamente difficile e dispendiosa. L’emergenza ambientale è legata precisamente alla sostanziale «indistruttibilità» di queste sostanze e alla relativa ubiquità, due fattori che rendono estremamente preoccupante la prospettiva di un accumulo ambientale reiterato nel corso di anni e decenni.
Le PFAS presentano caratteristiche chimico-fisiche assai diversificate: a temperatura e pressione ordinarie, posso essere gas, liquidi o polimeri solidi ad alto peso molecolare. Alcune PFAS sono spesso descritte come molecole a catena lunga o corta, ma ciò non copre tutte le possibili strutture finora rilevate, all’interno delle quali si osservano gruppi e sottogruppi a seconda del comportamento chimico-fisico.
L’impiego esteso delle PFAS è dovuto a notevoli vantaggi funzionali, per esempio alla stabilità alle alte temperature e, in molti casi, a buone proprietà tensioattive, il che rende le PFAS di questo tipo ideali come idrorepellenti e lubrificanti. Fra i principali settori che utilizzano le PFAS vi sono l’industria avionico-aerospaziale, automobilistica e della difesa, così come le manifatture tessili, pellettiere e perfino dei materiali e oggetti a contatto con gli alimenti (MOCA). Anche la produzione di articoli per la casa, componentistica elettronica, dispositivi antincendio e medicali impiega PFAS a vario titolo.
Nello specifico, la raccomandazione (UE) 2022/1431 ricorda che le sostanze per- e polifluoroalchiliche sono presenti nei rivestimenti antimacchia di tessuti e tappeti, rivestimenti resistenti all’olio nei MOCA, schiume antincendio, componenti chimici per l’industria estrattiva e i pozzi petroliferi, lucidanti per pavimenti e insetticidi. Secondo la stessa fonte, le PFAS a concentrazione più elevata negli alimenti e nei tessuti umani sono l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS – C₈HF₁₇O₃S) e l’acido perfluoroottanoico (PFOA – C₈HF₁₅O₂), inclusi i rispettivi sali e i composti correlati, tutti già inclusi nella Convenzione internazionale di Stoccolma con l’obiettivo ultimo di azzerarne l’uso.
Oltre a PFOS e PFOA, si raccomanda ai membri dell’UE di aumentare i controlli per misurare la presenza negli alimenti dell’acido perfluorononanoico (PFNA – C₉HF₁₇O₂) e dell’acido perfluoroesano-1-solfonico (PFHxS – C₆HF₁₃O₃S), inclusi i rispettivi sali e le sostanze correlate. A titolo informativo, nell’aprile 2019, la Norvegia ha proposto una restrizione all’uso del PFHxS, a favore della quale si sono espressi i comitati scientifici dell’ECHA con apposito parere del giugno 2020; la proposta è attualmente allo studio della Commissione europea.
Per completezza, si ricorda che, già nel settembre 2020, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Agency – EFSA) aveva fissato una nuova soglia di sicurezza per le principali sostanze perfluoroalchiliche che si accumulano nell’organismo (PFOA, PFOS, PFNA, PFHxS), con un’assunzione settimanale tollerabile (Tolerable Weekly Intake – TWI) di appena 4,4 ng/kg di peso corporeo.
Come ulteriore passo, gli Stati membri dovrebbero effettuare prove per rilevare la presenza di altri composti, simili a quelli citati – anche se con catena alchilica diversa – e un’occorrenza rilevante negli alimenti, nell’acqua potabile e nel siero del sangue umano; per brevità, ne riportiamo solo gli acronimi: PFBA, PFPeA, PFHxA, PFHpA, PFDA, PFUnDA, PFDoDA, PFTrDA, PFTeDA, PFBS, PFPS, PFHpS, PFNS, PFDS, PFUnDS, PFDoDS, PFTrDS, FOSA.
La (UE) 2022/1431 evidenzia altresì che gli alimenti di origine animale contribuiscono «in modo significativo» all’esposizione umana alle PFAS, le quali si trasferiscono agli animali tanto dai mangimi quanto dal suolo ingerito durante il foraggiamento e dall’acqua d’abbeveraggio. Pertanto, in caso di superamento dei valori di cui al regolamento (CE) n. 1881/2006, le indagini dovrebbero riguardare non solo i campioni animali dei lotti interessati, ma anche i mangimi e l’acqua somministrati agli animali, nonché il suolo dell’area dove essi vivevano prima della macellazione. Al riguardo, la Commissione riconosce con preoccupazione la scarsità dei dati sulla presenza di PFAS nei mangimi usati nell’Unione, così come il numero insufficiente di laboratori in grado di eseguire analisi così estese e complesse.
Proprio a causa della sostanziale difficoltà di contrastare le contaminazioni da PFAS, negli ultimi decenni è emersa la tendenza a sostituire PFAS a catena lunga con altri PFAS o con alternative prive di fluoro. La tendenza è iniziata in seguito alla presa di coscienza, tanto a livello scientifico quanto politico, degli effetti dannosi associati alle PFAS a catena lunga sulla salute umana e sull’ambiente. Purtroppo, i progressi nell’ambito della ricerca hanno evidenziato che anche le PFAS inizialmente ritenute preferibili sono altrettanto rischiose per l’uomo e l’ambiente.
Come accennato all’inizio, infatti, tutte le PFAS sono altamente persistenti, per cui anche l’ipotetica cessazione immediata di nuovi rilasci nell’ambiente non eliminerebbe i rischi ai quali è già esposta l’attuale generazione e saranno esposte le generazioni future. L’elevata mobilità delle PFAS nell’acqua e nell’aria aumenta sensibilmente la contaminazione delle falde acquifere. Alcune PFAS, inoltre, si accumulano nei tessuti degli esseri viventi, moltiplicando il potenziale tossicologico, incluso a danno della capacità riproduttiva e dello sviluppo dei feti. È altresì dimostrato che diverse PFAS possono causare il cancro negli esseri umani, mentre si sospetta che alcune PFAS interferiscano con il sistema endocrino umano.
Poiché la pericolosità delle PFAS non si limita alla possibile contaminazione del cibo, alcuni paesi hanno intrapreso campagne ai massimi livelli per contrastare l’uso delle PFAS in generale. Oltre a quanto detto circa PFOS e PFOA, per esempio, anche gli acidi perfluorocarbossilici con catena contenente da 9 a 14 atomi di carbonio (PFCA C9-C14), i relativi sali e sostanze correlate saranno soggetti a crescenti restrizioni nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo (SEE) a partire da febbraio 2023, in virtù dell’adozione del regolamento (UE) 2021/1297 della Commissione europea su proposta di Germania e Svezia.
La Germania ha proposto un’ulteriore restrizione per l’acido perfluoroesanoico (PFHxA – C₆HF₁₁O), i suoi sali e le sostanze correlate. Nel dicembre 2021, la proposta ha ricevuto il parere favorevole dei comitati scientifici dell’ECHA e, come per il PFHxS, si attende ora la decisione finale della Commissione europea.
Inoltre, Paesi Bassi, Germania, Norvegia, Danimarca e Svezia stanno studiando una proposta congiunta per restringere severamente l’impiego di numerose PFAS, in conformità con attinenti dichiarazioni rese al Consiglio «Ambiente» (ENV) nel dicembre 2019. Si prevede che i paesi cofirmatari presentino la proposta all’ECHA nel gennaio 2023.
Infine, nel gennaio 2022, l’ECHA ha avanzato una proposta di restrizione per i PFAS utilizzati nelle schiume antincendio. Varie consultazioni su detta proposta hanno avuto luogo dal 23 marzo al 23 settembre 2022. Attualmente, il Comitato per la valutazione dei rischi (RAC) e il Comitato per l’analisi socioeconomica (SEAC) dell’ECHA stanno valutando la restrizione proposta.
In conclusione, la contaminazione da PFAS è purtroppo un’emergenza conclamata, contro la quale non si dispone ancora di conoscenze scientifiche sufficienti a definire soluzioni davvero efficaci. Le uniche misure che, nell’immediato, si possono adottare sono, da un lato, la progressiva eliminazione di quante più PFAS possibile dai cicli produttivi futuri; dall’altro, prevenire al meglio delle attuali capacità l’ulteriore esposizione dell’organismo umano alle fonti di contaminazione esistenti.
Da parte nostra, ci sentiamo di auspicare una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica, pur essendo consapevoli di quanto ostico sia presentare la materia, con tutti i suoi tecnicismi, in una forma non banalizzata ma comprensibile ai non addetti ai lavori. L’emergenza PFAS non è il riscaldamento globale né un disastro «cinematograficamente visualizzabile» come Černobyl’ o Fukushima: è un insieme di formule dai nomi impronunciabili, aride statistiche e normative di non agevole lettura; ma soprattutto, coinvolge materiali alla cui esistenza siamo abituati da decenni e dei quali non immaginiamo di dover… aver paura.
Anche il mondo imprenditoriale difficilmente può far propria una battaglia ambientalista che, in ultima analisi, comporta costi aggiuntivi per la produzione, o perché i materiali alternativi più ecologici sono anche più cari, o perché le misure volte a limitare la dispersione di PFAS nell’ambiente comportano ingenti investimenti infrastrutturali che non sono alla portata dei più. Nell’immediato, le nuove disposizioni imporranno un minimo di attenzione al mondo produttivo, se non altro, per non incorrere in non-conformità e nelle relative sanzioni. Meglio di niente, ma sarebbe necessario che la classe imprenditoriale riuscisse ad andare oltre il mero istinto di conservazione (economica) per sviluppare una consapevolezza più ampia.
È difficile suscitare un «caso PFAS» e un dibattito abbastanza diffuso da entrare nei radar dei comuni cittadini, degli imprenditori e, soprattutto, dei decisori politici. Tale dibattito, però, prima o poi andrà affrontato, perché l’Europa, certamente, può disporre, regolamentare e chiedere ai paesi membri di sanzionare; ma poi, saranno la chimica e l’ingegneria dei materiali a dover offrire alternative all’industria, e tale spinta al cambiamento non può fare a meno di un forte impulso da parte del mercato e dei consumatori finali in particolare.
Carmine F. Milone
Fonti:
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32022R1428&from=EN
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32022H1431&from=IT
https://echa.europa.eu/it/hot-topics/perfluoroalkyl-chemicals-pfas
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R1297&from=DE
https://echa.europa.eu/-/echa-s-committees-recommend-restricting-a-subgroup-of-pfas
https://echa.europa.eu/-/scientific-committees-support-further-restrictions-of-pfas
https://www.efsa.europa.eu/en/news/pfas-food-efsa-assesses-risks-and-sets-tolerable-intake