Secondo recenti stime delle Nazioni Unite, entro il 2050 la popolazione mondiale passerà dagli attuali 7 a 9,7 miliardi. Sarà quindi fondamentale ridurre al massimo gli sprechi e razionalizzare risorse. I paesi più ricchi dovranno essere capaci di adottare processi produttivi e stili di vita compatibili con la capacità dell’ecosistema di assorbire gli effetti delle attività umane. Allo stesso tempo, i paesi in via di sviluppo potranno crescere in termini demografici ed economici a ritmi sempre più compatibili con l’ecosistema. Saranno quindi circa 2,5 miliardi le persone in più che popoleranno la Terra e che esprimeranno, tra gli altri fabbisogni, un fabbisogno di cibo. A fronte di un incremento delle terre coltivabili stimato intorno al 5%, la richiesta alimentare globale crescerà tra il  50 e il 70% nei prossimi trent’anni.

 

 

Produrre più cibo avendo a disposizione meno terra, meno acqua ed emettendo meno gas serra pone di fronte ad interrogativi nuovi i quali richiedono la sperimentazione di regimi alimentari innovativi. Tra tutti, il settore maggiormente investigato è quello della produzione animale il quale ad oggi sfrutta circa il 60% delle terre agricole ed è responsabile per circa il 15-20% delle emissioni totali di gas serra (GHG).

In merito all’allevamento del futuro, alcuni aspetti appaiono determinanti. Il primo riguarda le specie che vengono allevate le quali si consigliano essere specie sempre più originarie del luogo dove l’attività viene praticata. Un sistema di allevamento ottimale deve prevedere inoltre la capacità di non affidarsi su una sola specie ma di potere avere diverse specie a disposizione. Un allevamento responsabile, efficiente e sostenibile dovrebbe considerare principalmente le specie caratterizzata da:

  • un alto tasso di conversione di acqua e mangime;
  • un ciclo di sviluppo veloce;
  • la capacità di vivere in popolazioni ad alta densità senza sviluppare patologie;
  • l’adattabilità a diete artificiali e a pratiche di allevamento meccanizzato.

Tra gli animali che possono essere allevati, gli insetti rappresentano la classe capace di ricoprire tutte queste prerogative con la massima efficienza.

 

 

L’alleanza uomini-insetti

 

Gli insetti forniscono alla specie umana una miriade di servizi fondamentali. Essi sono impollinatori nella riproduzione delle piante, miglioratori della fertilità del suolo attraverso la bioconversione dei rifiuti, fungono da bio-controllori per alcune specie nocive di parassiti e molto altro. Forniscono inoltre una varietà di preziosi prodotti come miele e seta. A ciò va aggiunto che gli insetti fanno parte delle diete tradizionali di almeno 2 miliardi di persone nel mondo, rivestendo quindi il ruolo di “materia prima alimentare”. Oltre 1.900 specie di insetti vengono già utilizzate come alimento rendendo questi organismi parte integrante della cucina di una parte consistente della popolazione mondiale.

Secondo la FAO, a livello globale, gli insetti più consumati sono:

 

– Coleotteri (scarafaggi) 31%;

– Lepidotteri (bruchi) 18%;

– Imenotteri (api, vespe e formiche) 14%;

– Ortotteri (cavallette, locuste, grilli) 13%;

– Eterotteri (cicale) 10%;

– Termiti, libellule, mosche e altri ordini 10-15%.

 

Sappiamo però che nella maggior parte dei paesi occidentali l’entomofagia (ovvero il regime che prevede gli insetti come alimento) è considerata disgustosa ed associata ad un comportamento alimentare primitivo e riluttante. Questo atteggiamento ha progressivamente condotto le industrie alimentari all’abbandono degli insetti dalle loro prospettive d’investimento. In Europa (Italia in testa) la cultura alimentare che comprende gli insetti ed i loro derivati è completamente assente. Marco Gualtieri, ideatore e Presidente di Seeds&Chips, forum globale sull’innovazione del cibo, sottolinea come «si pensa che a finire nel piatto sia l’insetto intero, invece, bisogna guardare a grilli e larve come materia prima che tecnologicamente lavorata finirà nei mangimi per animali e poi come ingrediente in cucina, per fare burger ma anche pasta e così via».

 

Se la commercializzazione per l’alimentazione umana sembra ancora lontana, la produzione di feed (mangimi) potrebbe fare da apripista nella valorizzazione di questa risorsa. L’aumento della domanda di farine di proteiche destinate alla produzione di mangimi per animali ha infatti incentivato la produzione di farine di insetti destinate all’allevamento. A fronte di un minore di utilizzo acqua, spazio e risorse, le farine derivanti da lavorazioni di insetti sono infatti caratterizzate da proprietà proteiche simili a quelle delle lavorazioni tradizionali. Diversi sistemi di allevamento, quali ad esempio quello del pollame e dell’acquacoltura, stanno trovando nella farina di insetti un alleato insostituibile. A ciò va aggiunto che le attuali attività di raccolta e lavorazione industriale che producono rifiuti alimentari non direttamente riutilizzabili dall’uomo sono già potenzialmente in grado di nutrire un grande numero d’insetti per una loro rapida crescita. Questi dati, i quali testimoniano il valore economico della lavorazione degli insetti, sembrano promettere un’espansione del loro utilizzo in diverse filiere. L’industria del feed sta iniziando a cogliere questa sfida, trasformando masse di rifiuti organici alimentari in substrati proteici ad opera di larve di ditteri.

 

 

Mangiare gli insetti: sì o no?

 

Al di là delle lavorazioni industriali, esiste la concreta possibilità che un crescente numero di persone nel mondo si troverà a dover affrontare lo spauracchio dell’entomofagia nel prossimo futuro. Ma mangiare insetti è una buona idea? Forse la risposta più comune sarà “no”. Ebbene, ecco però alcune considerazioni che rendono gli insetti un alimento da non sottovalutare dal punto di vista dei tre settori fondamentali da considerare a proposito del valore di un alimento:

 

1) Salute

  • Gli insetti sono un’alternativa nutrizionalmente valida a prodotti tradizionali come pollo, carne di maiale e manzo.
  • Molti insetti sono ricchi di proteine, grassi insaturi, calcio, ferro e zinco.
  • Gli insetti fanno già parte di diete regionali e nazionali tradizionali, testimonianza di come il loro consumo o non consumo sia legato più a pratiche culturali che a questioni sanitario/nutrizionali.

 

2) Ambiente

  • Gli allevamenti di insetti considerati come alimento, emettono considerevolmente meno gas serra ed inquinanti del suolo (uno su tutti l’ammoniaca), rispetto a qualsiasi categoria di “bestiame”.
  • L’allevamento di insetti non rappresenta necessariamente un’attività di sfruttamento del suolo e non richiede attività di land-clearing per espandere/ottimizzare la produzione, requisito finora fondamentale (a gradi diversi) per ogni attività di allevamento ed agricoltura tradizionale.
  • Poiché sono esseri a sangue freddo, gli insetti sono molto efficienti nel convertire nutrimento in proteine. Il fondamento dei benefici ambientali derivati del loro allevamento è per l’appunto il loro alto fattore di conversione. I grilli, ad esempio, richiedono solo 2 kg di mangime per 1 kg di aumento di peso corporeo (12 volte inferiore rispetto ai bovini, quattro volte rispetto a pecore e suini e metà rispetto ai polli).
  • Gli insetti possono essere allevati su substrati organici di scarto (compresi i rifiuti umani e animali), garantendo in questo modo un duplice guadagno.
  • Rispetto ai mammiferi e agli uccelli, gli insetti sembrano presentare un rischio minore di trasmissione zoonotica di infezioni agli esseri umani, al bestiame e alla fauna selvatica.

 

3) Sussistenza

  • L’allevamento e la lavorazione degli insetti rappresenta un’opzione di investimento a basso capitale ed a minime necessità tecnologiche, offrendo accesso anche alle fasce più povere della società.

 

Legislazione Europea ed Italiana

L’Unione Europea ha emanato il Regolamento (UE) 2015/2283, entrato in applicazione a Gennaio 2018, nel quale tutti i prodotti che rientrano nelle categorie in esso definite, privi di una storia significativa di consumo alimentare nell’Unione Europea al 15 Maggio del 1997, sono da considerarsi “novel food”. Di conseguenza, ai fini di un eventuale impiego alimentare, richiedono una preventiva autorizzazione a livello UE previo accertamento della loro sicurezza alle quantità di assunzione proposte.

 

In Italia, il Ministero della Salute ha emanato una nota informativa in merito all’uso di insetti in campo alimentare con specifico riferimento all’applicabilità di tale Regolamento. Nella nota si chiariscono i seguenti punti:

 

Ai fini dell’impiego alimentare gli insetti e i loro derivati si configurano tutti come novel food e che al momento nessuna specie di insetto (o suo derivato) è autorizzata per tale impiego. In riferimento all’articolo 35 del Regolamento (UE) 2015/2283 sulle “Misure transitorie”, va chiarito che alcuni Stati membri hanno ammesso a livello nazionale la commercializzazione di qualche specie di insetto in un regime di “tolleranza”. E’ stato comunque stabilito, con lo stesso articolo, che per le specie in questione deve essere presentata una domanda di autorizzazione, al fine di definire le condizioni atte a garantirne la sicurezza d’uso per una libera circolazione sul mercato UE. […] In Italia la commercializzazione come alimento di un insetto o di un suo derivato potrà essere consentita solo quando sarà rilasciata a livello UE una specifica autorizzazione in applicazione del regolamento (UE) 2015/2283.

 

Non c’è dubbio che questo Regolamento dia una spinta importante alle aziende, molte delle quali italiane, che da anni sono attive nella ricerca. È però necessario sviluppare nuovi quadri normativi. Considerando le immense quantità di biomassa di insetto necessarie per sostituire gli attuali ingredienti tradizionali, il prossimo passo consisterà nello sviluppo di strutture per la produzione di prodotti stabili, affidabili e sicuri. La sfida della sostenibilità alimentare è un’opportunità per il sistema italiano, soprattutto per le imprese che hanno puntato sull’innovazione. La stretta collaborazione tra governo, industria e ricerca sarà essenziale per il successo nell’interesse di tutti, pianeta in primis.

Per concludere, la strada per la commercializzazione di prodotti alimentari a base di insetti è dunque lunga ma possibile. Affidarsi a professionisti tecnici per avviare le dovute pratiche di riconoscimento è d’obbligo per rispettare la legislazione e cogliere questa opportunità che il mercato offre.

 

Davide Banfi
Dottore in scienze e tecnologie alimentari

 

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